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Siamo a Penang, incantevole con le sue case coloniali colorate, il mare, Little India e i fantastaci thali che non hanno nulla da invidiare a quelli dell’india del Sud.
Qui incontriamo Marco, e passiamo un pomeriggio a parlare di viaggi… In realta’ e’ quache giorno che penso al senso del viaggio, da quando abbiamo inrociato al Bako e al Semenggoh un gruppo di Avventure nel Mondo. anzi, da quando una collega mi ha chiesto “ma andate con Avventure nel Mondo?” e ho risposto quasi inorridita “nooo!”. Intendiamoci, noi italiani non siamo un popolo di viaggiaotri, forse lo siamo stati, ma ultimamente siamo piu’ famosi come habitue’ dei villaggi vacanze.E quindi vedere due coppie di pensionati in Borneo con Avventure del Mondo va benissimo! pero’ abbiamo sviluppato una certa insofferenza per i vincoli del viaggio in gruppo e, soprattutto, del viaggio programmato, degli orari. Che non vuol dire non alzarsi presto – anzi in Borneo ci siamo svegliati tre mattine di seguito alle 6, per arrivare prima dei pullman di turisti dagli oranghi o al Bako. E’ proprio un attitudine diversa: il nostro viaggio sta prendendo forma nel suo svolgersi, siamo partiti con la sola idea di andare in Borneo e poi si vedra’ e adesso, parlando con altri viaggiatori, stiamo decideno le altre tappe. Magari – anzi, sicuramente – non vedremo tutto quello che c’e’ da vedere, magari non vedremo neppure cose che sono must degli itinerari turistici, ma va bene cosi’, ripensando e riprogrammando il percorso a ogni tappa.
E poi, viaggiare e’ anche prendere un po’ di distanza da quello che si e’ e dalla propria vita quotidiana: e Marco – che vive qui da due anni e manca dall’Italia da 4 ; ci ha chiesto: “ma com’e’ adesso vivere in Italia?” Gia’, com’e’ adesso l’Italia? “stagnante” rispondo un po’ triste… si’, perche’ c’e’ un senso di immobilita’, di rassegnazione e di stanchezza che in altre parte del mondo non si avverte. Anche se a Milano, questa primavera, per qualche mese, un senso di rinnovamento c’e’ stato…
orang hutan le persone della foresta (in bhasa noi siamo orang itali… o orang olandia come tutti gli europei). Anche qui i cambiamenti climatici si fanno sentire: sono due estati che fa troppo caldo, non ci sono frutti, e gli oranghi se ne stanno nascosti nella foresta. Ma noi ne abbiamo visti 6, 4 adulti e due cuccioli, aggrappati alle mamme. tra uno spuntino e l’altro acrobazie sugli alberi, piu’ o meno eleganti, e facce buffe. a tratti sembrava si mettessero in posa per noi.
il Sarawak e’ un crogiuolo di popoli e religioni. Molti sono cattolici o anglicani, ma anche se sostengono di aver abbandonato tutti i loro riti pagani perche’ ormai si sono convertiti, in una longhouse ci hanno mostrato i teschi del tempo in cui erano tagliatori di teste (pare che sotto ogni palo delle fondamenta ci sia una testa mozzata, giusto per essere sicuri che stia su, e in effetti stanno su da piu’ di duecento anni) e ci hanno mostrato un teschio solitario: pare che di notte sentissero un sacco di rumori dalla stanza dove stanno i teschi, quando arrivavano li’ per controllare tutto taceva, finche’ non hanno capito che quella testa non andava d’accordo con le altre. Messa da sola poco lontano il problema e’ stato risolto: adesso i teschi (e gli abitanti della longhouse) dormono sonni tranquilli. all’ingresso obbligatorio bere vino di riso come benedizione degli spiriti (peccato averlo saputo dopo se no l’avrei bevuto anch’io ma alle 10 del mattino sembrava un po’ presto. Massi invece ha onorato spiriti e donna iban). Le longhouse sembrano delle palafitte sul fiume senza fiume, che scorre poco piu’ in la’.
Io (Massi) sono rimasto piacevolmente colpito dall’ aver visto un’alfa 75 giallo canarino, chissa’ come cazzo ci e’ arrivata qui..
vi lasciamo con un regalo
E’ la seconda versione, prima non ci ha pubblicato il post, ma abbiamo cambiato computer e ci riproviamo.
Il 6 agosto, ultimo giorno a Yangon, arrivo previsto alle 6 del mattino, ma il bus da Bagan e’ in anticipo e ci ritorviamo alla stazione del bus alle 4: e’ ancora buio e noi siamo addormentati. saliamo su un taxi, quello che ci propone la tariffa piu’ conveniente, e’ un Pajero (particolare che si rivelera’ importante). Ci scarica alla guesthouse in centro Yangon ma ha fretta (sapremo poi che e’ a fine turno), cosi’ nella fretta e nel buio della notte io (Gio’) dimentico lo zainetto sul sedile posteriore. Massi siaccorge quasi subito ma il Pajero e’ gia’ scomparso.Non ho neanche una scusa per dare la colpa a lui, mannaggia!Il portiere dell’abergo, che abbiamo svegliato e sembra ancora piu’ assonnato di noi (la mattina dopo doveva svegliarci alle 6 ma ovviamente quando siamo uscito per andare in aeroporto dormiva ancora!)ci consiglia di tornare alla stazione degli autobus perche’ il nostro uomo sara’ sicuramente tornato li’. e inizia il viaggio numero due alla stazione dei bus: li’ pero’ scopriamo che il nostro Pajero e’ l’unicao Pajero-taxi in tutta Yangon (che culo!) e che si fa vedere solo una volta al giorno, al mattino presto quando ha caricato noi. Nel viaggio di ritorno cominciamo pero’ a valutare le perdite e apensare che tutto sommato non c’era granch’ di valore: medicine – che per un allergico sono importanti ma nulla che non si possa ricomprare a Bangkok: occhiali da sole- un pretesto per comprarne un paio nuovi! un libro che avevo appena iniziato e che mi stava prendendo tantissimo (Animal, sulla tragedia di Bhopal raccontata da un ragazzino: una collana comprata in India e che mi piaceva tantissimo; il pile….alla fine forse il taxista ci riportera’ lo zaino perche’ non ci sono ne’ soldi ne’ passaporto (come ci suggeriscono gli altri taxisti). Ritorniamo alla guesthouse che sono ormai le otto, facciamo colazione e ci mettiamo a dormire un po’ sperando di trovare lo zaino al nostro risveglio. ma nulla! Dopo pranzo, ormai rassegnata a ricomprare le medicine e gli occhiali, e a tornare in Kerala per la mia collana (bella scusa:-), quando avevo gia’ letto qualche capitolo di un nuovo libro, una guida turistica che bazzica la guesthouse in cerca di clienti e che essendo ormai pomeriggio inoltrato non aveva altro dafre, si propone di aiutarci a recuperare zaino e taxista. Un po’ infastiditi, perche’ ormai ci eravamo abituati all’idea, acconsentiamo.
Inizia cosi’ il terzo viaggio alla stazioen degli autobus. Li’ dopo un frenetico scambio di battute fra la nostra guida e un tassista che ci aveva visto al mattino, ripartiamo alla ricerca del Pajero che il taxista ci assicura di poter trovare in due ore. Sono le sei, gli concediamo due ore prima di cena…
E infatti in quaranta minuti arriviamo alla stazione ferroviaria dove scopriamo a) che il Pajeroe’ guidato da due uomini e che il nostro uomo(quello ciccione, l’altro segno di riconoscimento) fa il turno di notte quindi dopo di noi aveva staccato e b) che arriva massimo alle 8 di sera proprio alla stazione. Alle 8 non si fa ancora vedere e quindi torniamo alla guesthouse accompaganti dalla guida e dall’altro taxista, mentre si fa strada il pensiero che l’uomo del pajero sia in ritardo proprio perche’ e’ tornato alla guesthouse a portarci lo zaino… E infatti appena imboccato il vicolo della guesthouse ecco un Pajero parcheggiato. Evviva, evviva! Inizia cosi’ il coro di "check, check!": tassista del Pajero, tassista numero due, guida e portire addormenteato della guesthouse, tutti mi circondano e pretendono che apra lo zaino per controllare che ci sia tutto. Capisco che e’ una questione di onoe, e quindi obbedisco. Tutti soddisfatti, a noi e’ costato qualche ora di traffico e qualche mancia, ma alla fine abbiamo dato lavoro a un tot di persone e tutti erano felici!
Abbiamo efsteggiato con un delizioso thali al ristorante south indian di cui siamo diventati clienti abituali…
Di Kanchanaburi, dove siamo ora, vi racconteremo poi, che e’ ora di cena e siamo stanchi
siamo di nuovo a yangoon, dopo 15 ore di bus di lusso (per gli standard locali si intende!). a Bagan nonostante l’uso di anonymizer per evitare il blocco di internet da parte dei generali (pare che stiano limitando molto l’accesso nell’ultima settimana visto l’imminente sentenza alla signora e all’americano che ha fatto un bel bango nel lago) era davvero una sofferenza… La situazione informativa e’ comunque bizzarra: hanno notizie dall’estero (vedi ad esempio gli scandali di berlusconi e il terremoto in Abruzzo), ma non dall’interno… vi rircorda qualcosa?! Come ci ha spiegato una francese che due anni fa si e’trasferita a Bagan ed ha appena aperto il suo ristorante (che coraggio!), ci sono differenze di genere nei consumi di notizie (sta scrivendo la professoressa): gli uomini si aggirano alla sera con radioline attaccate alle orecchie per ascoltare BBC Burma, che trasmette dalla Scandinavia, la loro radio Londra insomma. Le donne invce guardano la tv coreana, e qualcuno maligno insinua che sia solo per le soap operas…
Bagan ci ha ricordato mlto Hampi, con le sue rovin di un impero medievale, dove l’imperatore per dimostrare che la sua conversione al buddismo era sincera ha costruito miglia di templi, di cui alcuni ancora in uso, altri abbandanonati e forse piu’ affascinanti.
Anche l’ultimo giorno a Mandalay, a Sagaing e Inwa, e’ stato interessante: Thura ci ha accompaganto al suo monastero e alla scuola dei bibmi, che ci hanno cirocndato e facevano a gara per posare per le foto, poi attaccando la maccina fotografica per rivedersi fra risa e urla. Thura nonstante abbia dovuto lasciare la veste di moncao rimane combattivo, e anche monaco dentro: all’ingresso del suo villaggio ci fa notare i mucchi di monnezza che scaricano qui da Sagaing, e ci spiega che ha gia’ scritto al governo e ai giornali per farli spostare. A Inwa, un’isola sul’Irawaddy, tra villaggi di pastori e e contadini e i resti dell’antico regn, ci dice che ha gia’ scritto al giornale locale dicendo che ai turisti piacciono molto i resti dei templi e delle mura, e quindi il governo dovrebbe occuparsi dellaloro manutenzione. In effetti i templi sono molto blli, e Thura e’ davvero smart e curioso, soprattutto delle relazioni di coppia in Ocidente, dei matrimoni che durano poco, della convivenza, eccetera. Ci dice che ora che non e’ piu’ monaco non gli dispiacerebbe sposarsi, ma che ormai le donne birmane vogliono un uomo che lavora in ufficio, e lui con i suoi bimbi alla charity school non ha una bella posizione! Comunque la scuola, aperta qualche anno fa, e’ passata dai 50 bambini del primo anno a quasi 400 oggi, putroppo, perche’ sono i bimbi le cui famiglie non possono permettersi piu’ di mandarli a scuola se non li’ dove e’ gratis. e infatti Thura ci indica la famiglia piu’ povera del villaggio, i genitori che raccolgono l’immondizia (per poi venderla)seguiti da due piccoli esserini, e ci die che putroppo hanno solo 4 anni, ma che dall’anno prossimo li prendera’ con se’.
parlando con gli altri viaggiatori italiani incontrati (Cisky e Sara del forum, un milanese compagno di bicicletta fra i templi e 2 romani) e chiacchierando con la francecse, l’impressione comune e’ che il governo proprio non voglia i viaggiatori, ma preferisca i turisti da packacge tour, in osi comunque limitate. tutto e’ faticoso, tutto e’ costoso rispetto a quello che ti viene offerto… Ma ce ne torniamo a casa con il ricordo dei sorrisi, quelli gioiosi dei bimbi, quelli timidi delle donne, quelli macchiati di betel degli uomini. e comunqe felici di essere in Thailandia domani!
La lentezza di internet ci indispone un po’ alla scrittura… Siamo fuggito da Yangon per Mandalay, dove abbiamo trovato ad accoglierci all stazione del bus all’alba un ex monca, che ha dovuto lasciare la professione monaco dopo le proteste del 2007, ma continua a insegnare inglese ai bambini nel monastero di Sagaing. Ci diceva pero’ che finalmente non vede piu’ le spie che lo seguono, ma ogni tanto si lascia andare in qualche commento negativo sulla situazione del paese. Di notte ascolta la BBC per radio per tenersi informato. domani andremo con lui al monastero e alle citta] antiche intorno a Mandalay.
Fa caldissimo, oggi finalmente ha piovuto un quarto d’ora ma per essere la stagione delle piogge non e’ abbastanza. la gente e’ davvero carina, e salutano con un sorriso molto caloroso.
I templi e il paesaggio sono belli ma il posto e’ davvero faticoso e caro; dobbiamo ringraziare indiani e cinesi per il cibo, perche’ quello birmano e’ terribile!
Vi salutiamo per andare a strafogarci di chapati.
P.S. all’ arrivo in citta’ ci hanno chiesto di berlusconi e della bambina, noi senza parole!
gi ultimi gionri del nostro giro onl’autista -orasiamo soli!!!- sono stati un’immersion nella natura selvaggia, a volt un assalto della natura selvaggia nei nostri conronti. L’assalto e’ quello da parte di zanzare mai viste, che colpiscono senza farsi notare e ti asciano dopo qualche ora ponfi giganteschi… mai viste ne’ in India ne’ in Sudest…
Invece la natura che ci e’ piaciuta e’ pinnawela, l’orfanotrofio degli elefanti dove accogono gli animali feriti (ce n’ra uno senza una zampa, persa al nord su una mina…). Alle due li abiamo accompgnati al loro bagno quotidiano nel fiume: una cinquantna di elefenati di varie eta’ e dimensioni chegiocavano, amoreggiavano, o se ne stavano pigri nell’acqua, sembrava proprio un film Disney!
Natura 2: il parco di yala, un pomeriggio tra la "savana" e il mare ad osservare elefanti selvatici, alligatori, manguste, bambi, varani, pavoni, tucani, bufali,… insomma un’esplosione di animali che di solito vediamo solo nei documentari o, come sopra, nei film disney.Anche a yala posti di blocco e controlli di polizia a causa di un attentato di due anni fa.
Ora mare e due giorni alla partenza. Qui ci sono ancora i segni evidenti dello tsunami, case devastate e non ancora ricostruite, cimiteri sulla spiaggia e pochi turisti in giro.
Finalmente troviamo un internet point, qui in sri lanka e’ difficilissimo, perlomeno nella zona in cui siamo stati finora. E finalmente ci siamo liberati per un po’ dell’autista, che ci segue ovunque e ci impone ritmi e luoghi… davvero soffriamo un po’ ad avere tutto cosi’ scandito nei minimi dettagli. Lui ci sembra pure un po’ stronzo ma Cristina in fodno ci aveva avvisato.
In compenso siamo in alberghi dove mai saremmo entrati spontaneamente, ci portano ceste di frutta in camera come benvenuto e ci abbandoniamo in piscina nel pomeriggio (che per Dominique inizierebbe all’una… ma noi ci ostinaniamo a tenerlo in giro almeno fino alle quattro…).
I paesaggi e la natura sono sorprendenti. ieri abbiamo visto un branco di elefenati selvatici che faceva il bagno in un lago, e due piu’ vicini alla strada; una serie di pavoni, pappagalli verdissimi, e vari uccelli di cui ovviamente non ci ricordiamo il nome. I cani, quelli, non mancano mai, ma come nel subcontinente sono messi male, a volte se la passano davvero male… sceletrici e spelacchiati.
E con il subcontinente ci sono tante somiglianze (a parte gli internet cafe’ che in India tropvi piu’ o meno ovunque). La gente e le usanze sono davvero molto simili. e anche i luoghi archeologici che abbiamo visitato in questi giorni (Arunandhapura, Polannarewa, Sigirya, Dambulla ci ricordano molto Hampi, il tempio Jain in karnataka di cui ora non ci ricordiamo il nome, e i templi indu’ in genrale. Infatti, a differenza della Thailandia e del Laos, dove i templi sono oasi di tranquillita’, qui si respira la tipica atmosfera del tempio indu’, con folle di pellegrini, olio di cocco che brucia, fiori e cibo come offerte, scimmie che corrono impazzite con i loro bottini (le offerte appunto, compresi i fiori)…
Stasera ci aspetta la preghiera al dente del Buddha, secondo Terzani altro esempio di tempio buddhista stile indu’…
Oltre alla natura e ai templi, l’altra caratteristica delle zone nord-centrali e’ la forte militarizzazione: posti di blocco e casemre ovunque, che forse spiegano la scarsa presenza di autobus,e, quindi, la scarsa presenza di viaggiatori senza autista. In cinque giorni abbiamo visto solo due ragazze, accompagnate pero’ da due amiche cingalesi…
ovviamente non c’e’ la possibilita’ di
domani parto, la Giò è già lì che mi aspetta, quindi tra poco vi faremo sapere e riattiveremo questo blog… a presto!