Chiang Rai – Laos


Siamo finalmente arrivati in Laos, ci siamo arrivati attraversando il mekong su una basculante barchetta… il Mekong e’ davvero un’ emozione e il Laos sembra, per ora, proprio come lo raccontano: tranquillo, e i laotiani sorridenti, e i bimbi ciccioni!


Comunque il primo incontro e’ proprio da paese comunista. ufficio immigrazione: un impiegato  ci da’ il modulo da compilare per il visto, poi consegna il passaporto con relativo modulo all’impiegato seduto al tavolo dietro, che controlla se le info sul passaporto e sul modulo coincidono: il passaporto e il modulo tornano al primo impiegato che, dopo avcer ricevuto i soldi, timbra il visto sul passaporto e ci da’ un secondo modulo. Con il secondo modulo compilato si va all’ufficio passaporti, che controlla di nuovo visto e modulo e poi ci da’ la meta’ del modulo per l’uscita dal paese. rimettiamo i passaporti nella bustina nascosta (prima nel sacchetto di palstica che non si sa mai!) e fatti due passi un tavolo con tre poliziotti, che ci richiedono il passaporto… e’ proporio una burocrazia comunista!


 il viaggio da chiang rai a chiang khoeng, il posto thai al di la’ del mekong, doveva essere un tranquillo trasferimento di due ore, ma ce ne abbiamo messe 4, per colpa di una ruota bucata e di un autista non molto sveglio. Ma per fortuna fra i passeggeri c’erano "mascellone", un braccio di ferro thai, e "baffetto", faccia simile a un pesce gatto, che hanno rislto la situazione.


ecco le acrobazioe dell’autista che fa la scimmietta per svitare i bulloni della ruota!


comunque ci eravamo dimenticati di lin hue, il panda femmina dello zoo di chiang mai. Sappiamo che gli zoo non sono poi cosi’ etici ma alla panda non abbiamo resistito! insieme a lei c’era anche chiang chiang, il maschio, ma dormiva e quindi niente foto! lin hue invece continuava a mangiare…

 

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Chiang Mai – Chiang Rai


alla fine abbiamo fatto pace con chiang mai e con il cibo thai. Il mercato notturno dove vedi cosa ti cucinano e cosa ti ritrovi nel piatto e’ stata la nostra fortuna.


e ieri abbiamo scoperto per caso anche il wat piu’ bello e famoso di chiang mai (non lo cercavamo bene, o forse non dovevamo cercarlo per trovarlo!)


oggi viaggio verso chiang mai, per entrare domani in laos. Infatti qui sembra che non ci sia nulla… In viaggi abbiamo odiato il gruppo di turisti spagnoli, che ha sigillato i finestrini del bus (gli altri erano gia’ rotti) creando un microcliam  impossibile, sopratutto dopo la sosta quando puzzava tutto di cibo…


e adesso odiamo la comitiva di giovani teenagers americani che si muovono sempre come degli alieni (e invasori!) e che hanno invaso l’internet cafe’ quindi fuggiamo


a dopo per le foto 

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Chiang Mai


poi vi racconteremo della citta’, per ora godetevi questa foto

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Bangkok


Come dice giovanna e’ un po’ londra e un po’ bombay, un po’ asia, quella incasinata piena di odori ( che spesso sembrano puzze) e un po’ giappone, ipertecnologico e asettico.Sembra di vedere il nostro futuro, con lo skytrain e le passerelle che ti portano direttamente nel centro commerciale, dove per ore camini in mezzo a  milioni di bancarelle, che piu’ che un centro commerciale ti sembra di essere in un suk al coperto.

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Tra Poco

Partiamo, andremo prima

   e poi       

 
                      A presto! 

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Chakde! India

Forza India. E’ il titolo del film che abbiamo visto il giorno della partenza. Spettacolo del pomeriggio, Colaba Causeway, cinema pieno. I trailer – si vede anche una scena girata sul lago di Como, finalmente l’ossessione per la Svizzera, dove di solito vanno in vacanza nei film di Bollywood, sarà un pò ridimensionata e ci immaginiamo già fra qualche anno "ah, Itàli, bello, si vede nei film!". Poi, tra un trailer e una pubblicità, sventola una bandiera indiana e attacca l’inno nazionale. Tutti in piedi, anche se qualcuno continua a chiacchierare al cellulare (che, nonostante l’avviso, continueranno a suonare per tutto il film!).
Siamo un pò spiazziati… Anche l’inizio del film (http://www.yashrajfilms.com/microsites/cdi/cdi.html) ha una vena nazionalistica nenache troppo dissimulata: una partita di hockey India-Pakistan, finale dei campionati del mondo vinta dal Pakistan. Ma per fortuna il nazionalismo del film si gioca poi su un altro piano: come la locandina del film sui giornali il giorno dell’indipendenza, il messaggio è "solo quando le donne – perchè parla di una squadra di hockey femminile- avranno raggiunto un’autonomia l’India sarà davvero un paese indipendente".
Insomma, è l’occasione per molte riflessioni. Il nazionalismo prima di tutto: sembra un sentimento comune a molti paesi emergenti, ed è anche comprensibile. D’altronde forse l’Italia del boom non era tanto diversa. Ma a volte in India questo nazionalismo è vera e propria violenza, che scatena altre violenze. Il disorientamento e la delusione per il Nord del paese è nato proprio da questo: la scoperta dell’India come un paese violento. I pellegrini shivaiti che correvano in file militaresche uralndo slogan sono gli stessi che hanno scatenato disordini a Risikesh e haridwar. Ad Agra, il giorno prima della nostra partenza, un camion travolge quattro ragazzi musulmani di ritorno da una cerimonia di preghiera notturna: si scatena una sommossa, interviene l’esercito, un morto e una cnquantina di feriti, i turisti chiusi negli hotel, il governo che consiglia agli turisti di rinunciare alla visita al taj mahal… Due giorni prima, di fronte alle telecamere, un poliziotto non interviene, e il suo collega invece aiuta il pestaggio di un poveraccio che aveva cercato di ribare chissà che: non contenti di averlo massacrato, lo legano a una moto e lo trascinano per un pò. e L’attentato a Hyderabad, che è la seconda Bangalore per l’industria informatica, e città con una maggioranza musulmana.
Insomma, che l’India fosse ben lontana dallo stereotipo occidentale (e un pò fricchettone) di patria della spiritualità lo avevamo già constatato l’anno scorso. Ma l’amaro che ci lascia quest’anno viene dal clima saturo di violenza che si respira in Uttaranchal e in Uttar Pradesh (anche in Bihar si dice, ma non ci siamo stati, quindi ci limitiamo a ciò che abbiamo visto). E più volte nel viaggio abbiamo pensato: "forse era meglio non tornare e tenerci i ricordi dello scorso anno"…
Eppure, camminando a Bombay, inaspettata, rinasce la simpatia per la città, per gli indiani che fischiano durante il film, che vogliono a tutti costi una foto con i faranji bianchi, per i colori e i sapori di quella terra, per quel modo di assimilare e trasformare indianizzandolo tutto ciò che viene da fuori, e per la capacità di mescolare nel concetto stesso di "indiano" tradizioni culturali diverse. Il nord sembra dire che quel mondo sta scomparendo. E alla fine ripartiamo con un pò di tristezza e con la speranza che quel fragile equilibrio riesca a sopravvivere in qualche modo.
L’India o la si ama o la si odia. L’anno scorso abbiamo provato amore. Quest’anno mi viene da dire: "ma amiamo l’India o un’idea dell’India?"

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La città fantasma

eravamo a palolem tranquilli, posto stupendo, sole a intermittena ma piu’ presente che assente, insomma, un paradiso. Invece abbiamo deciso di passare gli ultimi due giorni a Goa ad Anjuna, meta dei partiers. non ci aspettavamo folle di gente ma nemmeno una desolazione totale.
Innazitutto il viaggio: 100 chilometri, 4 pullman, 5 ore… gia’ questo mette un po’ alla prova il buonumore. Le condizioni atmosferiche al nostro arrivo: nuovoloni minaciosi e poi monsone! Ma il meglio e’ la popolaione di anjuna off season: all’uscita di una guest house incontriamo un bianco, scheletrico, ma davvero scheletrico, tumefatto, con lo sguardo da tossico incattivito> Comincia un po’ d’ansia…
Un vecchietto ci abborda per la strada e ci offre una camera a 150 rupie, ottimo affare, cosi’ lo seguiamo. Ci porta da un altro vecchietto, che ci accopglie sulla porta di casa con dei tubi di acciaio fra i piedi e l’ubriachezza molesta nel cuore e nel cervello.. decidiamo di provare da una’ltra parte. Finalmente troviamo una sistemazione, ma qui dobbiamo fare i conti con la diffidenza degli abitanti di anjuna, che si preocupano subito della tua nazionalita’. Per fortuna gli italiani piacciono, e non mancano di farci notare l’insofferenza per gli israeliani. E’ vero che ne arrivano orde a Goa ogni inverno, ma dev’essere proprio una situazione pesante se gli abitanti reagiscono cosi’…
Camminata sulla scogliera, che sembra molto quella di Varkala, con la differenza che qui e’ tutto deserto, solo qualche cane, mucca e vecchietta. Raggiungiamo l’unico bar aperto in fondo alla spiaggia: li’ ci acolgono anziani ravers reduci dal sabato sera… (nel frattempo pero’ erano gia’ le cinque del pomeriggio!)
Insomma, in realta’ il posto e’ molto bello, ma assolutakmente da evitare fuori stagione. Ovviamente proprio nel momento della partena non poteva mancare l’incontro con il tossico, ancora piu’ imbruttito, che chiedeva soldi a degli indiani… mah!

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Dopo il caso la superstizione

gli indiani sono super superstiziosi: qualsiasi azione importante viene compiuta dopo aver consultato l’oroscopo e aver fatto le debite puja al dio di turno (di solito ganesh). Ma noi, occidentali, siamo immuni e decidiamo quindi di partire da hampi la notte fra il 16 e il 17, giovedi’ 16 e venerdi’ 17!
Ci serviva un bus per gokarna, fuori stagione non c’e’ collegamento diretto e tutti ci dicevano che il bus sarebbe arrivato alle 2 o 3 di notte da qualche parte vicino a gokarna. Un ragazzo pero’ ci dice che lui vende un bus che arriva alle 7 del mattino. Figata, pensiamo. Lo sciamano poi ci dice che inquesta stagione ci si impiega anche 14 ore di bus, per cui ci fidiamo dell’informazione. Peccato che prima di partire scopriamo che saremmo arrivati alle due di notte. Vista l’ora ci suggeriscono di fermarci non in una citta’. che sarebbe stata deserta, ma a Mirjan, ridente stazione di servizio con tourist hotel e parcheggio di camion. Il tourist hotel e’ una bettola di infimo livello, ma ci accolgono calorosamente. Il gran via vai e’ tra le due e le tre e mezza, momento in cui tutti i camionisti si svegliano a fanno colazione. Dopo, il nulla. O, meglio, dopo inizia il documentario sugli insetti che vivono in un tourist hotel. E il sonno che combattiamo bevendo litri di te’ con cadenza regolare. Finalmente alle 6 e un quarto arriva un piccolo bus per gokarna.
Alla fine non e’ stato neppure cosi’ male!
Adesso siamo a Palolem, che sara’ pure turistica ma c’e una spiaggia e un mare invidiabili!
Per tornare sulla superstizione indiana, ecco una benedizione di un’auot nuova fuori dal tempio di Hampi

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Il caso in India

in India sembra che nulla accada per caso, o meglio, sembra piu’ evidente, forse non quando ti sposti velocemente da un luogo all’altro, ma appena ti fermi in un posto. Finiti tutti i giri possibili fra le rovine di Hampi, ci siamo fermati due giorni in piu’ per goderci con calma il luogo. E qui si e’ materializzata la coincidenza: perso il cellulare, trovato uno sciamano!
L’avevamo gia’ notato qualche gionro prima, e’ un uomo sulla ssessantina vestito con il lungi, e abbiamo pensato "ecco un vecchio fricchettone rimasto qua dagli anni settanta". Ieri mattina cominciamo a chiacchierare: ha un accento inglese impeccabile, perche’ e’ nato a Londra, ma da padre ucraino e mamma siberiana. E’ cresciuto in Russia, in Siberia, e ha studiato medicina negli Usa. Da oltre quarant’anni vive in India, per 25 anni a Varanasi e ora al sud. Ci confortna sapere che anche lui se ne e’ andato dal nord e condivide le nostre impressioni sulle diversita’ di gente, dicultura, di atmosfera e di clima fra nord e sud dell’india. Infatti ora vive in Tamil Nadu. Ciu lasciamo con queste riflessioni ma lo rincontriamo a pranzo e si siede al nostro tavolo. E qui, come se nulla fosse, ci dice: "come vi dicevo sono uno sciamano, mia madre era quattordicesima generazione, io la quindicesima"…
Non ce la sentiamo di raccontare l’esperienza… vi diciamo solo che fra i suoi "pazienti" ci sono Geoorge Clooney e John Voight. Ma non e’ questo l’importante. Solo in India si possono fare incontri cosi’!

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Hampi

siamo arrivati tre giorni fa, dopo un viaggio notturno in treno abbastanza faticoso. tutti i viaggiatori dicono che d hampi vale la pena fermarsi un po’ e che, anzi, incorpori la lentezza del luogo e non riesci ad andartene dopo un paio di giorni soltanto. E infatti anche noi alla fine ci rimarremo cinque giorni, anche se abbiamo gia’ isitato le rovine.
Hampi e’ un luogo sacro (rarita’ in India!) perche’ qui e’ nato Hanuman, il dio scimmia, e soprattutto qua si sono sposati Shiva e Parvati. Il tempio, in questi giorni meta di pellegrinaggio per il mese del cobra (simbolo di Shiva), e’ un tempio di quelli seri, dove puoi andare a fare la tua puja senza essere assalito da migliaia di pseudo guide sanguisughe, e soprattutto dove puoi ricevere la benedizione da Lakshmi, l’elefantessa del tempio. Stamattina siamo entrati presto e l’abbiamo vista anche mentre faceva il bagno (perche’ il fiume e’ in piena dopo le piogge e allora non ci va): uno spettacolo, faceva un sacco di smorfie al suo mahout. E’ incredibilmente intelligente, riesci a stare le mezz’ore a guardarla mentre distribuisce benedizioni e mangia cocco e banane (ma se dai cibo niente benedizione, solo con le monetine!). E qui gia’ si capisce un po’ della lentezza che ti assale.
Per il resto Hampi e’ un paesino, ma la vecchia Hampi, capitale di un impero che occupava tutta l’India del sud nel 400-500 e che i portoghesi hanno paragonato a Roma, e’ un’immensa area archeologica circondata da massi lunari e popolata di scimmie e scoiattoli.

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